Faccia a faccia con Tiziana Leone

· Come hai iniziato a scrivere e cosa ti ha spinto a farlo?
Ho iniziato a scrivere per caso, da adulta. Ero all'università e attraversavo uno dei miei tanti periodi non pienamente felici: tanti impegni di studio e nessuno svago. Avevo bisogno di una valvola di sfogo, qualcosa che mi portasse lontano dalla mia vita quotidiana. E allora cosa c'è di meglio di un viaggio dall'altra parte del mondo? Fin da piccola ho sempre amato New York, non so nemmeno perché proprio New York e non un'altra città. L'ho sempre trovata affascinante. E poi ho sempre amato la polizia. Quando in TV c'era un film o un telefilm di poliziotti per me non esisteva altro. Amavo anche le letture di genere, quando a investigare su qualche mistero erano addetti ai lavori. Ed è così che è arrivato Ray, si è presentato dicendomi che dovevo studiare e costruire lui, il suo mondo e farlo vivere. All'inizio scrivevo unicamente per me, senza alcuna ambizione, ma poi ho cominciato a far leggere qualcosa e sono arrivati dei commenti positivi. A quel punto l'impegno è aumentato, perché finché scrivevo per me non dovevo dar conto a nessuno, ma se volevo andare oltre e far conoscere la mia storia anche agli altri, dovevo prima di tutto rispettare chi dedicava il suo tempo per leggere ciò che avevo scritto. Ho studiato tanto, ho cercato di non lasciare nulla al caso, volevo che la mia storia fosse la più realistica possibile: ho fatto ricerche su qualunque cosa, anche cose assurde, come il rumore che produce una macchinetta del caffè americano, perché in un distretto di polizia di New York non trovi la moka! E alla fine, dopo tanto lavoro, il sogno si è realizzato.
· Che tipo di scrittore sei? Organizzi il lavoro prima di metterti a scrivere o segui l'ispirazione? Parlaci di come procedi durante la stesura di un romanzo.
Quando ho iniziato a scrivere ero abbastanza disorganizzata. Andavo a braccio. Sapevo più o meno dove dovevo andare a parare e andava bene così. In una delle ultime revisioni, la prima fatta con il cellulare (dopo aver riletto e rivisto la prima metà del romanzo e finalmente essere riuscita a continuare la stesura riscrivendo in toto la seconda parte), ogni volta che mi bloccavo in una scena iniziavo a scalettare ciò che doveva accadere in quel paragrafo. Mettevo spesso anche delle domande, rispondendo alle quali riuscivo a trovare la direzione giusta. Con il secondo non voglio ripetere gli stessi errori del primo, ho cercato di costruire una storia di massima in cui ho messo in evidenza i punti cardine, il "chi", il "perché", il "come" ma anche il "come fa il protagonista a scoprirlo", perché alla fine è importante il chi, come e perché, ma anche il modo in cui l'eroe ci arriva. I colpi di fortuna, le intuizioni campate in aria senza che ci sia una scintilla che possa portare a far ragionare il personaggio li odio e cerco di evitare di doverli usare.
· Cos'hai provato la prima volta che hai tenuto in mano il tuo romanzo? Com'è stato vederlo sugli scaffali delle librerie o scoprire che qualcuno lo stava leggendo?
Quando è arrivato il pacco della Casa Editrice, la Golem Edizioni (a sorpresa direi, perché credevo che impiegasse più tempo), e l'ho aperto, l'emozione è stata forte. Non riuscivo a credere che Ray fosse lì, tra le mie mani. Ho aperto il libro (un bel mattone, non me lo aspettavo così grosso, anche se sapevo che sarebbe stato lungo, quasi 500 pagine) e ho iniziato a sfogliarlo, leggendo brani a caso. E ogni volta che trovavo il nome del protagonista o qualche frase che ricordavo di aver scritto pensavo "è vero, esiste davvero". C'è voluto un po' per abituarmi all'idea che non si trattava solo di un sogno. È stato fantastico anche trovarlo sugli scaffali di alcune librerie della città in cui vivo. Confesso di aver fatto delle foto perché stentavo a credere che il mio romanzo fosse lì, in mezzo a quelli di grandi autori che amavo. E confesso anche di emozionarmi ogni volta che ricevo un messaggio di qualche amico, collega o contatto Facebook che mi dice che sta leggendo il mio libro. Quando poi scopro che qualcuno che nemmeno conosco si è incuriosito leggendo i commenti di altre persone, ha deciso di leggere il mio libro ed è rimasto contento della lettura è una grandissima soddisfazione.
· Prima di essere uno scrittore, sei un lettore appassionato? Qual è stato il tuo primo libro? Qual è il tuo autore preferito? Qual è il tuo genere preferito?
Il primo libro che ho letto per "piacere" e non per "dovere" (scolastico) è stato "Momo" di Michael Ende. Avevo all'incirca quindici anni però, in realtà, ho iniziato a leggere con regolarità e passione solo negli anni di università. Il mio genere preferito è quello che scrivo: il giallo poliziesco. Amo leggere quei romanzi in cui chi indaga è un professionista: un poliziotto, un investigatore privato di professione, un giornalista, un avvocato. Diciamo che tra tutti preferisco il poliziotto, ma leggo anche il resto. In generale non ho mai amato l'uomo comune che si improvvisa investigatore e riesce meglio di chi lo fa per lavoro e ha studiato per farlo. Di conseguenza, tra i miei autori preferiti ci sono tutti quegli scrittori che raccontano le storie con questo tipo di personaggio. E sicuramente tra i miei autori preferiti, un posto d'onore lo occupa Michael Connelly, il mio primo grande maestro. Negli ultimi anni mi sono avvicinata alla produzione italiana, la maggior parte bravissimi scrittori e cari amici.
· Hai qualche rito particolare che segui prima e durante la scrittura? Hai un posto dove preferisci scrivere? Le tue sessioni di scrittura hanno una colonna sonora oppure hai bisogno di assoluto silenzio per concentrarti?
Prima di sposarmi avevo il computer nella mia stanza, un angolo in cui ero circondata dalle cose che amavo: i miei libri preferiti, le foto di New York. Dopo il matrimonio mi sono adattata a scrivere praticamente su qualsiasi computer e poi, dopo la nascita delle mie bimbe, ho iniziato anche a scrivere sul cellulare, utilizzando Drive e i documenti di Google prima e One Drive e le app di Word ora. In questo modo riesco a scrivere praticamente ovunque, l'importante è riuscire ad avere un minimo di silenzio o almeno niente rumori acuti e improvvisi. Non riesco a scrivere in un bar affollato e nemmeno su una panchina al parco. Invece riesco a scrivere in macchina (se non guido io, naturalmente) l'importante che non ci sia musica di sottofondo. La musica è di grande ispirazione ma non aiuta la mia concentrazione in fase di scrittura. E non è solo una faccenda di canzoni, in cui mi faccio distrarre dalle parole. Non mi concentro nemmeno ascoltando brani musicali. Adesso sto provando con i suoni della natura e la con la pioggia battente riesco un po' a isolarmi dal resto del mondo e a concentrarmi. Vedremo se funziona davvero.
· Tre curiosità su di te come scrittore. Raccontaci
La prima curiosità: nei miei scritti mi piace mettere degli elementi che parlano di me ma in maniera non troppo evidente. Li ho chiamati omaggi. Vanno dai nomi che do ai miei personaggi più importanti e che sono ispirati da personaggi reali o di fantasia che amo, agli elementi più nascosti come per esempio alcune date o i numeri che al lettore che non mi conosce non sembrano particolari, ma chi mi conosce bene, vede i rimandi più personali.
Un'altra curiosità, ma forse dovrei definirla stranezza è che quando scrivo il testo deve essere ordinato: paragrafo giustificato, spaziatura sempre uguale, carattere uniforme e... virgolette uncinate. Se per qualche strano motivo Word me le mette dritte (e vi assicuro che me l'ha fatto più di una volta) vado in crisi. Le cancello e le riscrivo finché non me le mette come dico io!
Ultima curiosità: prima dell'ultima revisione personale mi sono resa conto che i personaggi del mio romanzo erano praticamente delle statue di ghiaccio: parlavano senza però fare un gesto, muovere un muscolo. E allora ho ricominciato a leggere e inserire la gestualità: espressioni facciali, gesti automatici, fino ad arrivare agli scontri fisici veri e propri che inizialmente erano del tutto assenti. E per rendere le descrizioni più precise, ho iniziato a mimare ogni singolo gesto. Certo, mi sentivo abbastanza stupida a imitare le smorfie di Ray, però devo ammettere che è stato divertente. Mi ha fatto entrare ancora di più in sintonia col personaggio (come se ce ne fosse stato bisogno).
· Hai realizzato i tuoi sogni da bambino? Era già in programma di diventare uno scrittore o non ci avevi mai pensato da piccolo? Riesci a scrivere a tempo pieno o devi dividerti con altre attività remunerate?
Da piccola ho sempre voluto fare l'insegnante. Mi è sempre venuto abbastanza naturale spiegare le cose a chi mi chiedeva aiuto. Per un breve periodo però volevo diventare giornalista di cronaca nera. Era il periodo delle scuole medie, quando la mia insegnante di Italiano si è rimboccata le maniche e ha insegnato a me e ai miei compagni come si faceva un tema. E in poco tempo sono passata da temi di una pagina di quaderno, mezza della quale occupata dal titolo, a temi di quattro pagine di foglio protocollo (come si usavano all'epoca quando si facevano i compiti in classe). E infine, durante l'università, ho accarezzato l'idea di entrare in polizia. Dopo la laurea, in effetti, ho provato un concorso per ruoli tecnici, in cui era richiesta la laurea in materie informatiche e, di sponda, anche matematica e fisica. La mia preparazione nelle materie informatiche però non era adeguata, quindi il concorso non è andato bene, però mi sono divertita durante i due giorni d'esame all'accademia di polizia di Roma. Alla fine posso dire di aver realizzato tutti e tre i miei sogni: sono un'insegnante, scrivo romanzi in cui il protagonista è un poliziotto!
Le domande dei lettori
1. Interessante, hai una vasta fantasia. Penso che per una donna non sia facile scrivere un personaggio principale di altro sesso, che sia credibile. Per di più uno che esercita una professione diversa dalla tua, in una città che non hai mai visitato. Hai creato un intero mondo parallelo. Brava! Adesso dovrò leggere il tuo libro, mi hai stuzzicata.
Grazie e fammi sapere. Sono a disposizione per eventuali altre curiosità. E comunque l'idea di partenza era proprio quella di costruire una realtà che fosse opposta alla mia. In tutto, a partire dal protagonista.
2. Hai degli autori di riferimento? E se sì quali sono?
Il mio primo grande punto di riferimento è stato Michael Connelly a cui si affiancano i grandi del Police procedural. Un nome fra tutti: Ed McBain.
3. Quando vedrà la luce la nuova creatura?
Ehhh... Ci sto lavorando ma ho dovuto rimaneggiare la trama perché c'erano delle cose un po' forzate e quando succede così, non riesco ad andare avanti, come se ci fosse un muro invisibile che mi ferma. Ti succede mai?
--Ti dirò, se la trama ha dei punti che non mi convincono non parto neanche a scrivere devo avere chiare le idee sulle prime 150 pagine e il finale, poi lascio che si scriva da solo. Anche io, infatti avevo tutti gli snodi, ma c'erano dei dettagli forzati che hanno mandato a gambe all'aria tutto.
4. Gioco mortale: da dove t'è arrivata l'idea della trama?
In realtà la trama l'ho costruita e modificata diverse volte a partire da certi punti fermi, da cui sono partita e che sono rimasti invariati.
-- La scrittura modifica e modella la trama, come la si desidera. È piacevole. A volte però diventa impegnativo. Anche se resta entusiasmante lo stesso.
5. Hai lavorato parecchio a Gioco mortale, lo so, e l'hai rimaneggiato diverse volte. Cosa hai provato quando hai scritto l'ultima parola sentendolo pronto per l'invio?
Mi sono sentita sola, mi mancava Ray. E per un lungo periodo non riuscivo a "vederlo", non riuscivo a "sentirlo". Adesso è tornato, mi mostra scene diverse da quelle di Gioco mortale, scene che saranno nella nuova storia.
6. Essendo anch'io una scrittrice di gialli, ti chiedo "cosa si prova" nello.scrivere un giallo, e perché?
Ho sempre amato le storie poliziesche, in TV o su carta. Nel passaggio da spettatore/lettore a scrittore, quelle storie le "vivi" in maniera più intensa. Le sensazioni sono più forti, più vivide. Il dolore, la tensione le sento più forti. E poi ne diventi dipendente, perché sessioni intensive di scrittura scaricano in circolo una massiccia dose di adrenalina. Non so se è così anche per te, ma perdermi nelle storie del mio personaggio di punta, guardare con i suoi occhi, sentire con le sue orecchie, percepire i suoi pensieri e sentimenti mi fa stare bene. E quando capita che, per qualche motivo, non lo "sento", mi manca.
--Ecco, intuivo la tua risposta perché è quello che provo anch'io. Grazie, buon anno e buona scrittura anche a te e chissà se un giorno i nostri personaggi potranno incontrarsi e collaborare in un'indagine. Perché no? Parliamone... Certo.
7. Come si fa a descrivere New York senza mai esserci stata?
Tanto studio, studio e ancora studio. E amore. Infinito amore per New York.
--E quando la vedrai nasceranno tantissime altre storie perché New York è unica!!! sai, pubblicare il mio romanzo era uno dei miei sogni nel cassetto e si è realizzato. Quest'anno ho realizzato altri due sogni: incontrare il mio editor Stefano e la mia carissima amica Cristina. Al SalTo2022 li ho potuti incontrare e abbracciare. Adesso tocca a New York. Il mio prossimo sogno da realizzare.
8. Vorrai mai andare oltre Ray? A dar voce a un personaggio che non è lui?
C'è un altro personaggio in cantiere che non è lui. E anche se è un poliziotto è molto diverso da Ray. È un personaggio che ha molte zone d'ombra da esplorare, un personaggio a metà strada tra l'eroe e l'antieroe. Per il momento c'è lui, ma non so, a parte lui, se riuscirò mai ad andare oltre Ray. Per me Ray è molto più di un personaggio di una (o più) storia. E la sensazione che ho avuto durante il quasi testacoda in uscita dall'autostrada ne è la prova. E non è l'unica. Per cui forse non è tanto un discorso di riuscirci ma di volerlo. E forse non voglio. Almeno, per il momento è così, poi in futuro chissà.
9. So che hai fatto un grande lavoro di revisione/ripulitura e quanto altro, prima di concludere Gioco Mortale. Ti chiedo se per il romanzo futuro - qualunque esso sia - ti avvarrai della stessa squadra oppure se invece hai cambiato team?
Come si dice, squadra che vince non si cambia, no? La fase di editing è stata la più bella ed esaltante, la rifarei mille volte.
10. Come pensi che "gestirà" il futuro uno come Ray? Pensi possa provare a costruire qualcosa o sarebbe troppo rischioso per un eterno inquieto come lui? E, soprattutto, a quando il tuo personale viaggio a New York a constatare quanto i tuoi studi siano stati accurati?
Io penso che lui cerchi un po' di stabilità e credo che ci voglia provare. L'aveva desiderata anche con quella di prima. Lui ha buone intenzioni. Riguardo a un viaggio a New York, spero si possa realizzare presto. Di sicuro la prima tappa sarà il 21° distretto... Quello reale, ovviamente, sulla west 20th street.
11. Com'è iniziato l'amore per New York? Cosa di quella metropoli così lontana ti affascina così tanto?
Sai che non so dirti quando e come è iniziato il mio amore per New York? Fin da ragazzina mi piacevano i film ambientati lì. Era una città in cui tutto poteva accadere e non era né troppo strano né troppo assurdo. E anche se potenzialmente qualunque città americana e non solo verifica questa teoria, New York ha sempre avuto un posto d'onore nel mio cuore.Di New York mi affascina la varietà. Lì c'è tutto, le zone sfarzose e quelle povere. Anche la popolazione è varia. Si può davvero trovare di tutto.
12. Se Gioco Mortale diventasse una serie Netflix, chi chiameresti a interpretare Ray,. Roger e Cassie ?
Per Ray non ho problemi, so già a chi dare la parte, l'ho sempre saputo perché mi sono ispirata a un attore. Per Roger è un po' più complicato, non ho un riferimento particolare. Invece per Cassie ho di recente trovato un'attrice che potrebbe andar bene. Ah, ma tu volevi i nomi??? Ehhhhh... Non voglio influenzare i lettori, preferisco lasciarli liberi di immaginare i personaggi come vogliono (Ray però deve essere figo, eh, mi raccomando!!! )

