Ciao ciao commissario di Giacomo Faenza

09.11.2022

In un bosco in Sabina sbuca la mano di un cadavere che saluta il commissario Pirrone implorandolo di trovare il suo assassino. Senza prove o indizi Pirrone ricorre al suo «metodo» speciale per districare un caso altrimenti irrisolvibile: riceve dritte che non sempre riesce a capire, mezze frasi qua e là che spesso lo confondono da personaggi storici, sapientemente tratteggiati, che hanno in comune il fatto di essere stati tutti traditi.

"Ebbene sì, Lo Cascio l'aveva evocato e lui si era manifestato: era proprio il «lui» di «ah quando c'era lui», niente meno che il Duce Benito Mussolini. Pirrone sospirò. Lui, da liberale qual era, i dittatori faceva fatica a digerirli, gli andavano di traverso. Ma dico, il pelato non poteva rivelarsi a Lo Cascio che certamente avrebbe apprezzato di più! Mussolini era vestito in borghese per non farsi riconoscere, aveva con sé una valigetta di cuoio, da come la teneva stretta doveva contenere documenti molto preziosi. «Vogliono questa» dichiarò il Duce indicando la valigetta e strizzando l'occhio a Pirrone...«Con chi ce l'hai?» gli chiese Pirrone, temendo ce l'avesse con lui. «Con quella sinistra figura di Grandi! Ha proposto un ordine del giorno per sfiduciarmi, il cane! A guerra mondiale in corso, ti rendi conto? Follia!» ... «Assassini, traditori, è la stessa cosa. Cerchi due assassini, giusto? Allora cercali tra i traditori!»"

Mussolini gli racconta del delitto Matteotti, gli offre il carteggio Hitler Churchill e lo consiglia di cercare i due assassini tra i traditori (per lui i suoi gerarchi); passeggiando ai Fori romani incontra Cesare che gli dice che essere assassinati è brutto perché non si ha il diritto di replica e gli spiega come i senatori siano marmaglia. Edipo, tradito dalla sorte, gli suggerisce di non farsi condizionare dall'ambiente; Salvator Allende gli conferma che la ferita peggiore è il tradimento (nel suo caso quello di Pinochet) mentre per Claude Monet la pittura è come la vita: le cose viste troppo da vicino ci sfuggono. Tra un assassinio e l'altro Pirrone indaga su se stesso, sulle facili morali e sui costumi politicamente corretti e moralmente deprecabili. Finito il libro, senti che già Pirrone ti manca.

Giacomo Faenza ci porta nella sua Roma e conosciamo il commissario Pirrone, uomo che punta alla pensione, anche se non è ancora così vicina. E' un personaggio che ama veramente il suo lavoro, vuole scoprire la verità perché i cadaveri che incontra nel suo percorso in qualche modo chiedono giustizia e lui farà tutto ciò che è in suo potere per scoprirla. E' un personaggio buono, abile ma a volte maldestro soprattutto se la gelosia prende il sopravvento. E' coerente, deciso ma anche insicuro delle sue potenzialità, è molto colto ma l'ho visto, anzi sentito molto stanco delle falsità da cui è circondato. Pirrone ha un segreto che non svela nemmeno alla sua adorata figlia: riceve delle dritte per le indagini che segue ma non sono semplici informatori che non vogliono e non possono farsi vedere bensì persone famose, del passato, che lo fanno ragionare tanto da arrivare alla verità. Incontreremo Mussolini, Edipo e persino Socrate, per citarne alcuni.

Il romanzo è scritto bene, è scorrevole e accattivante e ci sono alcune parti allegre e comiche che mi hanno fatto sorridere. Giacomo Faenza traccia una storia gialla seguendo i colleghi precedenti, donando grande importanza al territorio moderno ma anche a quello storico permettendo di scoprire cose di cui non è detto che tutti ne siano a conoscenza. E' un romanzo molto interessante che potrebbe essere considerato anche formativo perché tramite le dritte che Pirrone riceve dai personaggi famosi si hanno notizie che difficilmente possono essere trovate sui libri di storia. Questa parte mi è piaciuta molto, mi ha affascinata e catturata ancora di più. Bellissime le descrizioni di Roma, città eterna che con i monumenti storici ancora vivi ai giorni nostri regala un viaggio incredibile.


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