Delitti ai navigli di Milano di Giancarlo Bosini
Milano 1928, il fascismo è al potere, la vita va avanti come sempre, ma nell'aria è percepibile un clima oppressivo, in cui non mancano limitazioni alle libertà, censure e delatori. Tre cadaveri vengono ritrovati nel naviglio. Per la questura si tratta dell'opera di un pazzo, ma per Martone, un giornalista del Corriere caduto in disgrazia ed emarginato a causa delle sue idee antifasciste, la cosa non è chiara e partendo da una labile traccia inizia un'indagine che lo porterà a scoprire un'incredibile verità.
Giancarlo Bosini ambienta il suo romanzo nella Milano del 1928 quando i fascisti erano già al potere e tenevano tutto sotto il loro controllo. In quegli anni c'erano ancora le lavandaie che andavano sui navigli, ognuna a un brellin per iniziare a lavorare.
È quasi terminata la mia giornata e ancora contemplo la corrente del naviglio; mai l'acqua mi era parsa così, mi sembra quasi che abbia qualcosa di speciale da dirmi. Da lontano vedo arrivare la Pina, oggi ancora non si era fatta viva, la guardo mentre mi si avvicina con il suo carico di panni da lavare, mi raggiunge e posa la sua pesante cesta accanto al mio brellin, il panchetto dove appoggio le ginocchia per lavorare. «Meno male che adesso la nebbia si è un po' diradata, fino a poche ore fa non si vedeva neppure l'acqua» borbotta quasi tra sé e sé.
Lavoro molto duro e impegnativo anche per il fisico delle donne ma era pur sempre meglio che essere chiuse in un bordello come quello del quartiere vicino, il Bottonuto. I navigli in quegli anni sarebbero stati chiusi, a sentire i sostenitori di questa teoria, per questioni di igiene infatti vengono trovati tre cadaveri nelle sue acque. Il giornalista Martone, caduto in disgrazia per le sue idee antifasciste e messo in disparte dal lavoro, non ci vede chiaro e si mette a indagare.
«A proposito, hai sentito di quell'uomo ripescato questa mattina nel naviglio?» mi domanda la Pina. «È già il terzo che tirano su in poco tempo. Non so mica se è stato ammazzato anche lui, magari è annegato.» «Mah! Purtroppo questo è un posto di malavita e povera gente come noi, dove di tanto in tanto la corrente dei navigli trascina i cadaveri di qualche vittima di un regolamento di conti o di qualche disperato che ha deciso di farla finita. Mi ricordo di quando un giorno ho visto ripescare il corpo di una ragazza. Dicevano che si era suicidata per amore. Se ci penso, tremo ancora adesso. Povera tusa, bianca come un cencio, aveva la pelle gonfia, rugosa e rattrappita, con la schiuma dal naso e dalla bocca. Non ci ho dormito per giorni.»
Il commissario Navarro è incaricato delle indagini ma è convinto che sia un serial killer e indaga in quella direzione lasciando seguire all'amico giornalista la sua idea. Quegli anni si sa, non sono stati facili e non era ancora finita.
Questo romanzo è un giallo con una trama non facile da sciogliere perchè l'autore semina molti dubbi durante il racconto. Giancarlo è stato molto bravo nelle descrizioni, precise e dettagliate, tanto da portare il lettore tra i navigli di inizio novecento riuscendo a respirare l'aria che circolava. Si vede che Milano è la sua città, che la ama e la conosce a fondo. I personaggi, invece li ho sentiti un po' distanti. Per quanto l'autore li abbia descritti non sono riuscita a entrarci in empatia anche se nelle ultime pagine il giornalista Martone è riuscito a toccarmi il cuore.
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