Faccia a Faccia con Daniela Piazza

· Come hai iniziato a scrivere e cosa ti ha spinto a farlo?
L'amore per la lettura e la scrittura mi accompagna fin da bambina. A 8 anni avevo iniziato a scrivere un racconto per bambini che in un certo senso era già un thriller. Non l'ho finito e purtroppo non conservo più la parte scritta. Ora sarei curiosa di rivederlo!
In seguito, tuttavia, mi sono dedicata alla saggistica e non ho mai pensato di avere un talento da narratrice, fino a quando, una quindicina di anni fa, collaborando con i miei studenti alla realizzazione di un racconto, mi sono accorta che le idee mi venivano con facilità e che mi divertivo molto. Dalla rielaborazione di quel racconto in forma di romanzo storico è nato il mio primo lavoro, Il bastardo, che però è stato pubblicato solo quest'anno, dalla CE Altrevoci.
· Cos'hai provato la prima volta che hai tenuto in mano il tuo romanzo? Com'è stato vederlo sugli scaffali delle librerie o scoprire che qualcuno lo stava leggendo?
È stata un'emozione indescrivibile. Già quando dalla Rizzoli mi hanno chiamato per un appuntamento a Milano credevo di sognare e ho continuato a crederlo fino a quando ho avuto in mano "Il tempio della luce", il mio primo romanzo pubblicato da loro. Il giorno dell'uscita penso proprio che sia stato uno dei più entusiasmanti della mia vita!
· Hai qualche rito particolare che segui prima e durante la scrittura? Hai un posto dove preferisci scrivere? Le tue sessioni di scrittura hanno una colonna sonora oppure hai bisogno di assoluto silenzio per concentrarti?
Recentemente mi sono fatta realizzare uno studio/libreria molto bello, ma in realtà non lo uso affatto, se non per custodire i libri. Preferisco scrivere sotto la finestra a tetto di una minuscola stanzetta. Ogni tanto alzo la testa e vedo il cielo sopra di me e questo mi dà un senso di grande pace. In questo momento, ad esempio, è nuvolo e pioviggina ed è bellissimo osservare le gocce che cadono lentamente sul vetro e scivolano giù. In questa stanzetta, poi, ho anche un pianoforte verticale, così quando ho bisogno di riposare la mente posso suonare un po' e rilassarmi. Niente musica, però mentre scrivo: ho bisogno del maggior silenzio possibile.
· A quale dei tuoi romanzi sei più legata e perché?
Ogni romanzo per me ha un significato particolare: Il bastardo perché è il primo che ho scritto, Il tempio della luce perché mi ha dato grandissime soddisfazioni, L'enigma Michelangelo perché adoro il supremo artista, Il tempo del giudizio perché è dedicato a papa Sisto IV, nato nel paese in cui vivo, Celle Ligure, La morte non ha rispetto perché avevo proprio voglia di provare "la strada del giallo"… Quello forse a cui sono MENO legata è La musica del male, per un'antica diffidenza verso il protagonista, Leonardo da Vinci, riflesso della mia venerazione per Michelangelo, suo amico/nemico (più il secondo): una diffidenza che tuttavia proprio la scrittura del libro mi ha permesso di superare.
- Esiste un personaggio di un romanzo che avresti voluto creare tu? Quale?
Il mio romanzo preferito in assoluto è Il conte di Montecristo di Alexandre Dumas. Trovo Edmond Dantès un personaggio straordinario e… certo, sarebbe stato meraviglioso essere stata io a crearlo!
· Hai realizzato i tuoi sogni da bambina? Era già in programma di diventare una scrittrice o non ci avevi mai pensato da piccola? Riesci a scrivere a tempo pieno o devi dividerti con altre attività remunerate?
Nonostante la mia esperienza di scrittrice in erba, in realtà i miei sogni erano altri, legati alla mia precoce ammirazione per Michelangelo. Sempre alla stessa età, intorno agli 8 anni, feci un viaggio a Firenze con una zia e rimasi fulminata dalle sculture del grande Buonarroti. In quell'occasione (oltre a scrivere un sonetto di cui ancora ricordo la prima, e forse unica, terzina) decisi che da grande avrei fatto la scultrice. In realtà, quella della scultura è forse l'unica arte in cui non mi sono cimentata, ma in compenso ho scritto un libro su Michelangelo. Vale lo stesso?
In quanto ai tempi per la redazione dei miei libri, non riesco a dedicarmi alla scrittura in modo continuativo, ogni tanto ho bisogno di passare alle mie altre passioni e, naturalmente, ho il lavoro che mi chiama. Sono docente di storia dell'arte in un Liceo, un lavoro che mi ha dato tanti momenti felici e che non lascerei mai prima di essere obbligata. Però mi sono messa in part time ed è capitato, quando ho avuto tempi stretti di consegna, di prendere qualche mese di aspettativa.
· Tre curiosità su di te come scrittore. Raccontaci
Come già raccontato, è stato per caso che ho iniziato a scrivere proprio romanzi storici: il racconto elaborato con i miei studenti era ambientato nel Medioevo perché riguardava l'architettura medievale.
Prima, se pensavo a me come scrittrice, mi vedevo soprattutto intenta a scrivere trame di vita vissuta.
Invece lavorando ho scoperto che il romanzo storico è proprio la mia dimensione ottimale: richiede una scrittura semplice e fluida come tende a essere la mia, mi permette di dare voce alla mia passione per la storia ma più ancora per l'arte, mi lascia qualche libertà in più rispetto alla mia attività precedente (sporadica) di saggista. Tuttavia, quasi senza che me ne accorgessi (i libri davvero spesso si scrivono un po' da soli, sfuggendo al controllo razionale dell'autore), ho deviato sempre più verso il giallo, anzi verso il thriller. Per questo sentivo fortemente il desiderio di cimentarmi anche con un vero giallo contemporaneo e di mettermi alla prova partecipando, con l'inedito de La morte non ha rispetto, al prestigioso Premio Nebbia Gialla di Paolo Roversi. La vittoria nel concorso ha portato quindi alla pubblicazione con la CE Laurana (collana Calibro 9) di Lillo Garlisi, un editore capace ma soprattutto una persona che ammiro molto. Ora sono molto curiosa di vedere come accoglierà il pubblico dei miei lettori questa mia nuova produzione, cui mi piacerebbe dare continuità perché mi sono molto divertita nell'elaborare questa trama.
Non so se ho parlato di tre curiosità, ho perso i conti. Una però ve la posso ancora dire. Il mio esordio letterario è legato anche a un evento apparentemente molto negativo: un brutto incidente in scooter.
Infatti mi ero arenata nella stesura de Il bastardo a causa dei mille impegni di lavoro e non, e forse non lo avrei mai portato a termine se non avessi avuto questo incidente che mi costrinse ad alcuni mesi di convalescenza ma anche di libertà dal lavoro, durante i quali mi imposi di concludere il romanzo. Insomma, non tutto il male viene per nuocere!
Le domande dei lettori
1. Quando termini un romanzo, dopo le ovvie riletture, col tempo rileggi i tuoi lavori? A me torna difficile.
Mi è capitato, dopo alcuni anni. E devo dire che è stato divertente: mi sembrava di leggere un libro altrui. Un libro che mi piaceva, per fortuna.
2. Nella tua biografia ho trovato molti punti di contatto con la mia vita: la Liguria, una lunga docenza in una scuola superiore, l'aver iniziato scrivendo saggi, l'impegnativa scelta di scrivere gialli storici, perfino l'incidente stradale ! Tutti spunti che credo mi faranno piacere i tuoi gialli. La domanda che ti faccio è: quanto ha influito per la tua scrittura il lavoro in un Liceo, il rapporto con gli studenti, il metodo e la tecnica d'insegnamento e tutto il resto?
Tanto per cominciare, il mio primo romanzo, uscito però per penultimo, Il bastardo, è lo sviluppo di un racconto nato in classe, insieme ai ragazzi. Prima non sapevo nemmeno di avere questa facilità nel creare situazioni. E poi gli argomenti che ho scelto sono quelli che mi appassionano di più da docente Grazie per la fiducia, credo e spero che non te ne pentirai.
3. Cosa ti lega particolarmente al genere giallo? (la domanda non è casuale visto che anche io sono uno scrittore di gialli
È stato un percorso progressivo. Ho iniziato con i romanzi storici, ma fin da subito ho introdotto elementi di mistero e suspence, fino a poterli definire thriller storici. A quel punto mi sono detta : perché non scrivere direttamente un giallo? E dato il divertimento che ho provato e i riscontri positivi, penso proprio che continuerò.

Trama:
Egitto, 1249. La settima Crociata, iniziata nel migliore dei modi con la presa della città di Damietta, si trasforma in un logorante stallo che mette a dura prova l'armata cristiana, in attesa di rinforzi e rifornimenti. Francesco Fieschi e i suoi compagni assaltano una carovana diretta in città fingendosi briganti, a caccia di ricchezze. Durante l'attacco Francesco incappa in un vecchio moribondo che lo scambia per suo figlio e gli parla di un misterioso tesoro. Chi è questa persona a lui così somigliante? Esisterà veramente questo tesoro? Da quel momento per lui non c'è pace. Neppure la furia della guerra interrompe questa inarrestabile ricerca. Intanto Matelda de la Rocheblanche, dopo la grave morte del figlio, è chiusa in convento. Ma una notte il richiamo del destino si fa sentire: scappa, iniziando la sua nuova vita da fuggiasca. Nascosta a Parigi incontra un piccolo ladruncolo di nome Martin: la vita le ha regalato una seconda opportunità e Matelda fa di tutto per non perdere il suo nuovo figlio. I destini di Matelda e Francesco continuano a incrociarsi e sfiorarsi, ma fino a che punto i due riusciranno a ingannare la morte?
L'oscurità della sera avanzava rapidamente. Finito il lavoro sporco, gli uomini si aggiravano ora come ombre silenziose tra i cadaveri e i pochi feriti che ancora gemevano, completando la carneficina in modo sistematico e rapido e spogliando infine i resti dei mercanti più ricchi di qualsiasi oggetto di valore. Molti dei morti portavano gioielli e denaro nascosti tra le pieghe delle vesti, o in sacche legate sul corpo, forse per diffidenza nei confronti dei loro stessi compagni di viaggio. Francesco si tolse le fasce che gli coprivano il volto e i capelli ma gli impedivano di vedere bene nella luce ormai affievolita, scosse la lunga chioma e si mise all'opera. Cominciò a perquisire i cadaveri velocemente ma senza tralasciare nulla. Addosso a un giovane trovò alcune collane d'oro e un sacchetto di pietre preziose allo stato grezzo. Su di un altro una borsa di denaro e una spilla intarsiata. Molte donne portavano gioielli e stoffe preziose. Anelli e bracciali venivano raccolti nel modo più veloce, anche tagliando via mani e dita. Si avvicinò al corpo scomposto di un uomo di mezza età elegantemente vestito e lo riversò sulla schiena per meglio esaminarlo. Vide subito la catena d'oro con il ricco pendaglio che ornava il suo collo e si diede da fare per sganciarlo. Mentre trafficava intorno al suo capo, si accorse con un leggero moto di sorpresa che l'uomo non era morto, ma respirava debolmente. Francesco lo guardò in volto, per verificare l'esattezza della propria impressione, e all'improvviso l'uomo aprì gli occhi e rivolse su di lui uno sguardo annacquato e vitreo. E poi, incomprensibilmente, gli sorrise…! Francesco rimase impietrito da quel sorriso sconcertante e dall'espressione di speranza che vedeva diffondersi su quel viso ormai morente. «Marco!», sussurrò il vecchio in un filo di voce quasi inudibile. Marco! Di nuovo! Ancora quel nome, per la seconda volta nella stessa giornata! Che si trattasse dello stesso Marco con cui già era stato scambiato alla locanda? Ma chi era questo Marco che si intrufolava nella sua vita? Voleva saperne di più. Mentre, esterrefatto, si poneva mille domande, il vecchio bisbigliò di nuovo. «Marco, figlio mio! Sei venuto! Lo sapevo… sei un bravo ragazzo… e coraggioso…» Le frasi smozzicate erano espresse in un genovese incerto e zoppicante. Perché mai quest'uomo si rivolgeva a quello che riteneva suo figlio in una lingua evidentemente per lui straniera? Francesco non osava fiatare, cercando di captare altre parole. Si scoprì a desiderare suo malgrado che l'uomo non morisse, che parlasse ancora, ma dalla sua bocca uscivano ormai solo rantoli indistinti e forse qualche parola in una lingua a lui non comprensibile, probabilmente arabo, mentre gli occhi si annebbiavano nuovamente. Tentò il tutto per tutto. «Padre…», gli disse in genovese. Nello sguardo del vecchio tornò a luccicare un debole barlume di coscienza. 50 «Marco… sei arrivato troppo tardi… sto morendo.» «No, non dite così… Ditemi cosa posso fare per voi…» L'uomo non rispondeva più. Francesco rincalzò: «Avete… qualche messaggio… qualche desiderio…». Il vecchio sembrò raccogliere tutte le proprie forze. «Alina…» Il suo volto si riempì di commozione e lo sguardo di lacrime. «Alina… non ha più che te ormai… devi promettere… proteggere… la missione… il mio tesoro… la chiave…» Quella che un attimo prima era solo curiosità, a queste parole si trasformò subito in vivo interesse. «Sì, sì, certo, ma… quale tesoro… quale chiave… ditemi di più… parlate!» La voce di Francesco si alzava gradualmente di tono. All'improvviso gli occhi del vecchio tornarono limpidi e si sbarrarono in un'espressione dapprima di consapevolezza, poi di rabbia e di paura. «Ma tu… tu non sei Marco. Maledetto, sii maledetto!» «Ma no, che dite, padre. Voi delirate! Continuate! Di quale tesoro stavate parlando? Parla! Parla, vecchio!» Francesco prese per le spalle l'uomo e iniziò a scuoterlo con violenza, ma inutilmente. Il suo sguardo ormai era fissato nel vuoto, la testa ciondolava inerte di qua e di là al ritmo degli strattoni. Era morto.

Trama:
È una fredda mattina d'inverno a Celle Ligure, ridente località balneare della Riviera ligure, quando l'anziana Annarita e la sua scorbutica badante Elena si ritrovano di colpo testimoni di un orrendo delitto che sconvolge la quiete del paese. Il maresciallo Talarico, da loro chiamato con un certo ritardo sulla scena del crimine, avrà il suo bel da fare per venire a capo di una storia apparentemente senza senso, che porterà alla luce segreti gelosamente custoditi, invidie, rancori, attività misteriose e addirittura criminali. In un marasma di nuove piste e possibili colpevoli, il maresciallo dovrà anche riuscire a tenere a bada la strana coppia formata da Annarita ed Elena, che non vogliono saperne di essere escluse da quella che considerano la "loro" indagine...

Trama:
Lione, 1245.
Francesco Fieschi, ambizioso nipote del Papa, non avrebbe mai immaginato che la relazione segreta con l'avvenente nobildonna Matelda de La Rocheblanche lo avrebbe fatto diventare cavaliere e imbarcarsi per la Settima Crociata.
Affascinato dalla prospettiva di combattere al fianco del re e guadagnarsi la gloria in difesa della Cristianità, si ritroverà invece costretto a destreggiarsi tra intrighi e invidie, tra potere temporale e spirituale, tra l'imperatore Federico II di Svevia, Papa Innocenzo IV e il Re di Francia Luigi IX.
Riuscirà a raggiungere la Terrasanta, nonostante l'inquietante presenza di un misterioso nemico che continua a ostacolarlo?
Chi ha messo in giro l'ignobile voce che Francesco Fieschi, vivace rampollo della casa di Lavagna, sia il bastardo di Papa Innocenzo IV?
E soprattutto... è mai possibile che quella voce sia vera?

Trama:
Roma, 1473
All'ombra degli alti palazzi e delle basiliche secolari, Papa Sisto IV ha una sola ossessione: riprodurre nella Città Eterna il Tempio di Salomone, per riportare la Chiesa di Roma all'antico splendore. Ecco allora prendere forma il progetto grandioso della Cappella Sistina, che del Tempio di Gerusalemme ha le stesse misure. Ma per completare il suo piano, serve un simbolo di potere le cui tracce si perdono nel tempo e nel mito: la misteriosa melagrana d'avorio che ornava lo scettro del Sommo Sacerdote. Così, mentre in Vaticano, tra intrighi di corte e brama di potere, una mano ignota compie atroci omicidi ai piedi della Sistina, il pontefice incarica il giovane monaco Moses di impadronirsi della preziosa reliquia. Le cose, però, non vanno come previsto. La ricerca si rivelerà sempre più insidiosa e condurrà Moses lontano da Roma, oltre i confini del bene e del male, in un viaggio che dal Palazzo degli Ospedalieri a Rodi passa alle locande di Cipro e arriva fin dentro le mura di Otranto assediata dai Turchi. Al ritorno da questo lungo viaggio, la sua vita sarà cambiata per sempre, e con essa anche la storia della Cappella più famosa di tutti i tempi.