Faccia a faccia con Giorgio Maimone

19.09.2023

· Come hai iniziato a scrivere e cosa ti ha spinto a farlo?

Ho iniziato a scrivere quasi prima che a parlare. Scrivo da sempre: racconti, poesie, canzoni, pièce teatrali, lettere, romanzi. Non saprei concepire una vita dove non si scriva. È il metodo preferito per inventarsi realtà alternative e vivere molte più vite di quelle che potresti vivere nel corso della tua esistenza. Scrivendo mi sono "guadagnato il pane" per tutta la vita, lavorando prima in teatro, poi per la radio, quindi per la televisione e infine come giornalista. Se invece vogliamo parlare dell'attività letteraria ufficiale, la data di partenza è il 2012, quando Erica Arosio mi coinvolse prima nella correzione del suo primo romanzo "L'uomo sbagliato" (Tartaruga edizioni) e poi mi propose di lavorare con lei a un giallo dal titolo provvisorio di "Roulette russa". Accettai. Un anno dopo uscì "Vertigine" (Baldini e Castoldi – 2013) e da lì non mi sono più fermato.

· Che tipo di scrittore sei? Organizzi il lavoro prima di metterti a scrivere o segui l'ispirazione? Parlaci di come procedi durante la stesura di un romanzo.

Ci sono due modalità diverse di scrittura, a seconda se scrivo da solo o in coppia o coordinato con qualcuno: in questo secondo caso è necessario partire da un lungo lavoro preparatorio che riguarda in primo luogo la trama, quindi i personaggi e in seguito la modalità di scrittura. Se scrivo da solo sono molto più anarchico: parto solo sulla base di un'ispirazione, scrivo rapidissimo e sull'onda dell'entusiasmo, fino a metà dell'opera, dopo mi fermo a ragionare e faccio correzioni in corso d'opera, cercando di intravvedere dove quello che ho scritto potrebbe andare a finire. Non scrivessi da ispirato il mio lavoro sarebbe da buttare, risulterebbe artefatto e forzato. Ho bisogno di estrema libertà nel mio percorso di scrittore singolo. A quattro mani è tutto un altro discorso: faccio l'uomo d'ordine, l'organizzatore, il pianificatore.

· Cos'hai provato la prima volta che hai tenuto in mano il tuo romanzo? Com'è stato vederlo sugli scaffali delle librerie o scoprire che qualcuno lo stava leggendo?

Quando ho avuto in mano la prima copia di Vertigine ho … subito una vertigine da onnipotenza. Avevo raggiunto il mio scopo nella vita. Un libro col mio nome in copertina! Cosa ci può essere di più bello? Scoprire i lettori è stato ulteriormente emozionante. Riuscire a toccare le corde giuste per parlare non solo al proprio ombelico o a quello dei miei cari, ma a un pubblico, a degli sconosciuti. Impagabile!

· Prima di essere uno scrittore, sei un lettore appassionato? Qual è stato il tuo primo libro? Qual è il tuo autore preferito? Qual è il tuo genere preferito?

Continuo a essere soprattutto un lettore. Di tipo particolare. Leggo moltissimo, ma pratico lo slow reading, ossia leggere lentamente per capire bene cosa sto leggendo e cosa l'autore aveva in mente quando scriveva queste pagine. Leggo molti libri in contemporanea, fino a quattro, senza nessun problema perché mi ricordo sempre a che punto sono, senza bisogno neanche di segnalibri o di orecchie alle pagine. Posso anche interrompere una lettura per mesi e poi riprendere da dove mi ero fermato senza nessun trauma. Merito di una buona memoria e di quanto profondamente mi radichi nei libri che sto leggendo. Però, se un romanzo non mi piace, lo chiudo e proseguo oltre. C'è troppo da leggere per perdere tempo con inutilità. Il primo libro? Difficile da dirsi, perché leggo da molto piccolo e, prima che imparassi a leggere, mi facevo leggere i libri: comunque Emilio Salgari (il ciclo di Sandokan) e Jules Verne direi. Avevo una passione particolare per "L'isola misteriosa" di Verne. Autori preferiti al giorno d'oggi quasi tutti giallisti: Chandler, Simenon, Camilleri. Molti francesi: Bussi, Manchette, Leo Malet, Pennac, Izzo, Guenessia, Vargas. Tanti italiani: Carlotto, Lucarelli, Manzini, De Giovanni, Davide Longo. Nella giovinezza i russi e gli americani

· Hai qualche rito particolare che segui prima e durante la scrittura? Hai un posto dove preferisci scrivere? Le tue sessioni di scrittura hanno una colonna sonora oppure hai bisogno di assoluto silenzio per concentrarti?

Ho una scrivania con due computer (un Mac e un Windows) che guarda su un terrazzo fiorito e sui tetti di Milano. Questo è il mio posto del cuore. In alternativa mi piace scrivere sull'Ipad sul terrazzo stesso o nella mia casa sul lago d'Orta. Casa in collina a picco sul lago: un buen retiro. Di colonna sonora ne ho un bisogno assoluto, non riuscirei a scrivere senza. Da un lato serve a isolarmi dai rumori d'ambiente, dall'altro a darmi ispirazione. Infatti non è mai musica casuale, ma sempre scelta a seconda della temperatura emotiva di quello che sto scrivendo. Classica, jazz, cantautori, rock, musica etnica a seconda delle necessità narrative.

  • A quale dei tuoi romanzi sei più legato e perché?

Risposta semplice: "Macerie", che non è l'ultimo, perché già è stato sopravanzato da due inediti più recenti (in uscita nel 2023). "Macerie" perché era il figlio incompleto, perché l'ho coccolato, fortemente voluto, portato avanti nei ritagli di tempo, abbandonato mai. Sono partito, da solo, a scriverlo nel 2013, ci si è aggiunta Erica, poi ci siamo fermati perché c'erano progetti più urgenti, l'ho ripreso più volte, aggiornandolo, sfoltendolo, lavorandoci di fino, smerigliando la trama e lo abbiamo ultimato nel 2022. Sei mesi dopo era in libreria. Senza falsa modestia mi sembra il prodotto venuto meglio, con un ottimo livello di scrittura, una trama densa, diversi piani di lettura, una critica sociale sostanziale (il libro più politico che abbia mai scritto), un'analisi e una ricostruzione della Milano d'epoca accurata ed emotivamente partecipata e dei personaggi molto forti, plasmati con cura assieme a Erica. I libri successivi, per quanto mi convincano, non sono al livello di "Macerie".

· Tre curiosità su di te come scrittore. Raccontaci

Ho due anime complementari come scrittore: una componente giocosa, ironica, costruita soprattutto sui dialoghi e una seconda propensione lirica, con una predilezione per i pezzi di introspezione. Sono brani narrativi, dove la prosa procede di pari passo con la poesia, alla ricerca di una musicalità assoluta del testo. Brani che nascono per essere letti ad alta voce, che è quello che faccio mentre sto scrivendo. Brani che potrebbero essere altrettanti testi di canzoni. Riassumendo direi che scrivo con una divertita malinconia.

Una seconda curiosità è che i miei amici più stretti non leggono libri, quindi neanche i miei. Nemmeno i miei figli mi leggono. Sono lo scrittore con meno appoggi della sua cerchia intima che conosca.

Una terza curiosità: vorrei tanto scrivere una grande storia d'amore, una saga che attraversi la vita di un uomo e una donna attraverso 50 anni di conoscenza, amore e disamore. Chissà se ce la farò mai?

Le domande dei lettori

1. Per uno scrittore, ogni romanzo scritto é, come dicono a Napoli, "un pezzo do cuore", ma se dovessi sceglierne uno, a quale sei più legato? Te lo chiedo perché se uno dovesse farmi la stessa domanda in merito ai romanzi che ho scritto, avrei qualche problema a sceglierne solo 1.

Posso darti più di una risposta? "Macerie" perché è quello dove mi sembra che sia maggiore il peso della storia e la resa. In secondo luogo "Sole su Brera" perché è il mio primo libro scritto in solitaria.

2. Hai sempre scritto thriller? O ti piace spaziare su diversi generi?

Mi piace spaziare. Ho scritto poesie, canzoni, lettere. Il giallo è una passione antica, passata dai cromosomi di mia madre, patita dei Gialli Mondadori. Per il futuro comunque ho in serbo sorprese.

3.  Quanto ti aiuta la tua professione di giornalista nel trovare gli spunti e i contesti per quello che scrivi?

Paradossalmente è stato un ostacolo. La lingua del giornalista è sintesi e concisione. Tutto il contrario di quanto attiene alla letteratura. In quanto agli argomenti dipende da cosa scrivevi. Io mi sono occupato di economia e cultura. Quindi direi che il giornalismo non mi è servito.  

Trama:

Milano, dicembre 1950. Viene uccisa una lucciola. È la quinta, ma la Polizia non se ne interessa. Le prostitute non valgono niente: non possono andare in chiesa, non pagano le tasse, non hanno diritti, non votano, non meritano indagini. Ancora di più se si tratta di ex operaie, che hanno scelto il mestiere per fame. Chi c'è dietro questi omicidi? Spetterà a Greta e a Marlon scoprirlo, spezzando la rete di omertà che il potere stringe attorno al caso.
Intanto alla Scala fervono i preparativi per il debutto dell'Otello. Tutto intorno, le macerie della guerra deturpano ancora Milano: le case crollate, i villaggi per gli sfollati, la migrazione dal Sud, la miseria delle periferie e, per converso, in centro, una città che ha fretta, che vuole crescere, che si libera del vecchio per costruire il nuovo, dove gli abitanti dei quartieri alti non si mischiano ai proletari. A meno che questo non avvenga nei bordelli. 

«Non sta nevicando su un uomo, nevica sui frammenti di un uomo. Un sasso qua, un cuore là, un po' di freddo in più, un piede, una mano, delle spalle capienti, ma non per reggere tutto il dolore. Macerie, solo macerie.»

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Trama:

Quattro Natali, quattro decenni, quattro storie milanesi. E quattro personaggi memorabili. Marlon, il detective già noto ai lettori creato da Giorgio Maimone, che si muove in una Milano dei ruggenti anni '60, sfidato dall'Enigmista, serial killer amante dei giochi di parole. Il commissario Miletta, poliziotto del Sud che si trova a vivere la città meneghina nel suo periodo più buio, gli anni di piombo, raccontata da Oscar Logoteta. Il "gommista virile" di Paola Varalli che, con l'idraulico Pino e il barista Viliam, si improvvisa investigatore nella Milano da bere degli anni '80.Il taxista Luigino alle prese con una valigetta abbandonata dal sosia di Gian Maria Volontè nell'ultimo Natale del millennio, raccontato da Besola, Ferrari e Gallone. 

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Trama:

Luglio 2023. Milano, Brera, il quartiere degli artisti. Il solleone brucia, la voglia di lavorare evapora come il sudore ed evapora anche Francesca Mauri, 20 anni. I genitori si rivolgono a Filippo Marro, detective spiantato che di malavoglia accetta l'incarico. Tariffa? La solita: 200 euro al giorno più le spese. Fuga?

Rapimento? Delitto? Che fine ha fatto la ragazza? I contorni sono confusi, e poi, soprattutto, se fugge, da cosa fugge? Tra una sosta in enoteca, un aperitivo in un wine bar e il ricordo struggente di un amore sbagliato, l'investigatore ricostruirà con pazienza (e una buona dose di fortuna) la trama del caso. Filippo Marro è un nome che vi suona familiare? Avete ragione, perché a casa ha la collezione completa delle avventure di Philip Marlowe, il detective nato dalla penna brillante di Raymond Chandler. Non è un clone, a Filippo Marro manca tanta ambizione, è solo un garbato, divertito omaggio. Marro, come Marlowe, è un personaggio che rimane fedele a sé stesso, non cambia, non si evolve, non cede mai all'amarezza del tempo, ma si farebbe uccidere per la battuta giusta. Disincantato e crepuscolare, eppure a suo modo idealista, Filippo Marro conosce l'amore di cui conserva le cicatrici, viene tradito e deluso dagli amici e dalle donne, ma non si arrende. Neanche quando per le strade di Brera la temperatura sfiora i 40 gradi e una mano assassina lo aspetta al varco.

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