Faccia a Faccia con Letizia Sebastiani

12.03.2024

1. Come hai iniziato a scrivere e cosa ti ha spinto a farlo?


Ho iniziato durante le scuole medie, sfruttando gli esercizi di scrittura che ci facevano fare a scuola e verso i quali avevo una vera predilezione. Poi King mi ha fatto salire al livello successivo. Ho sempre scritto solo per il puro piacere di farlo


2. Che tipo di scrittore sei? Organizzi il lavoro prima di metterti a scrivere o segui l'ispirazione? Parlaci di come procedi durante la stesura di un romanzo.

Prima scrivevo di getto ed ero molto confusionaria, mi facevo ispirare dal momento e via. Poi ho cominciato a studiare, e mi sono resa conto di quanto un minimo di progettazione sia di grande aiuto; non una cosa troppo rigida, ma un minimo di guida è necessaria.


3. Prima di essere uno scrittore, sei un lettore appassionato? Qual è stato il tuo primo libro? Qual è il tuo autore preferito? Qual è il tuo genere preferito?


Nasco lettrice, leggo tantissimo e sono anche veloce. Il mio primo libro letto per intero è "una ragazza fuori moda" della Alcott, a 14 anni ho scoperto King e non l'ho più lasciato; dico sempre che lui mi ha insegnato a scrivere, così ho risposto anche alla seconda domanda e la terza viene di conseguenza: horror, thriller, gialli, noir...


4. Hai realizzato i tuoi sogni da bambino? Era già in programma di diventare uno scrittore o non ci avevi mai pensato da piccolo? Riesci a scrivere a tempo pieno o devi dividerti con altre attività remunerate?


Il mio sogno era diventare criminologa e scrittrice; sono una maestra di scuola dell'infanzia quindi nisba. Scrivo solo quando ho il tempo di farlo, quindi quasi mai purtoppo...


5. Quali sono le fasi e i passaggi che affronti quando finisci di scrivere un romanzo? E come procedi per arrivare alla pubblicazione? Come reagisci o hai reagito a un eventuale rifiuto da parte di una Casa Editrice a cui avevi mandato il tuo manoscritto?

Appena finisco di scrivere lascio il manoscritto a riposo per qualche mese, poi lo rileggo a mente "fresca" e procedo con la seconda stesura. Quando sono soddisfatta lo faccio leggere a qualche beta e alla mia editor di fiducia. Quindi ci rilavoriamo insieme; quando siamo soddisfatte lo mando a qualche casa editrice che penso possa essere interessata al genere e di solito vengo rifiutata. Il rifiuto lo accetto come una cosa normale, lo strano per me sarebbe essere "presa". ahahahaha




6. Esiste un personaggio di un romanzo che avresti voluto creare tu? Quale?

Quasi tutti quelli di Stephen King...


7. Tre curiosità su di te come scrittore. Raccontaci.


Tre eh? Vediamo...

1) riesco a scrivere con la prima figlia che guarda la TV e la seconda che mi canta nell'orecchio

2) Quando scrivo cose comiche e mi rileggo dopo del tempo rido da sola delle mie stesse battute

3) Quasi ogni mio personaggio ha una caratteristica presa da me.

TRAMA:

Volterra, 1921.

È una fredda notte di fine gennaio e l'ostello della signora Assunta è il primo ad accogliere i viaggiatori che vengono da fuori in cerca di ristoro. Cinque sono i visitatori che quella notte stanno godendo del tepore del camino, ma la tempesta di neve è impietosa e in breve tempo blocca ogni via di uscita. Gli ospiti dovranno trovare il modo di passare il tempo in attesa che la neve si sciolga e li liberi da quella reclusione forzata, ma un terribile omicidio stravolgerà all'improvviso la monotonia di quelle giornate. Nessuno è entrato e nessuno può uscire da quel posto. L'assassino dev'essere uno di loro.

E mentre l'autrice vi accompagnerà nella storia, voi lettori sarete messi alla prova con una piccola indagine personale: scovare le dieci le citazioni "gialle" inserite nel racconto.

Riuscirete a trovarle tutte prima che la neve si sciolga?


Volterra, 1921
Il tempo, quella sera di fine gennaio, era stato inclemente con i viaggiatori. Una fitta nebbia gelata impediva di vedere a pochi passi dal proprio naso e aveva anche iniziato a nevicare. Il fiato si addensava a ogni respiro e sembrava che andasse ad alimentare quell'intensa foschia che aveva inghiottito la città. Non si sentiva un'anima vagare per le strade acciottolate. Il prete percepì un'ombra scivolargli accanto e scomparire nella notte, si strinse nel mantello di lana con un brivido e provò ad orientarsi nei vicoli bui vagando per un po' alla cieca. Dopo pochi passi però decise che non c'era modo di continuare a cercare una cosa che non si vedeva, doveva trovare un posto dove fermarsi e raggiungere il monastero l'indomani, possibilmente con la clemente luce del sole.Un baluginio rischiarò per un attimo un punto alla sua destra, tornò indietro e lo cercò; si era anche alzato il vento, così i fiocchi di neve che lo colpivano in viso sembravano tanti piccoli aghi affilati. Portò il mantello a coprirsi le vie respiratorie e strinse gli occhi. Eccola lì, una piccola insegna dondolava sopra un portone di vecchia fattura. Veniva illuminata ad alternanza dal lampione posto lì davanti, probabilmente fatto installare dal proprietario dell'insegna stessa, per attirare l'attenzione degli avventori; e aveva funzionato. Si trattava dell'Ostello della signora Assunta. Nota in paese per esser riuscita a mandare avanti l'attività del marito dopo che egli era morto in guerra, e per il modo eccellente in cui cucinava il peposo dell'impruneta; ma il prete tutto questo non lo sapeva. L'insegna invitante gli bastava per spingerlo a dirigersi in quella direzione. Raggiunse la porta di legno e notò che era priva di qualsiasi battente, così l'uomo usò il palmo della mano aperta per farsi udire. Aveva le nocche troppo erose dal freddo e dal lavoro nei campi per poterle mettere alla prova contro un legno così duro. Picchiò forte, contrastando il fischio del vento e lo sbatacchio dell'insegna; ma non ce n'era bisogno, la porta si aprì con un cigolio alla seconda manata. Subito, un vento caldo gli investì il viso, scongelandogli la punta del naso, organo stuzzicato anche dall'odore di carne bollita, aglio e vino. Sì, decisamente vino...

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Trama

Quando il mite e insignificante John aveva trovato quello strano simbolo rosso sulla parete della sua nuova casa, l'unica cosa che aveva pensato di fare era stata coprirlo con un'abbondante passata di vernice bianca, nonostante le perplessità di sua moglie Cynthia. Ora Doyle è in un carcere di massima sicurezza, accusato di aver ucciso la moglie: è stato trovato chino sul suo corpo con l'arma del delitto in mano. Nel diario che scrive in cella tenta di raccontare la verità sull'omicidio e su quel simbolo rosso apparso dal nulla che cela un pericoloso mistero. Nessuno crederebbe mai a una storia tanto assurda, ma John non ha nessuna intenzione di morire in prigione…

Mi chiamo John Doyle, ho quarantadue anni, e da nove mesi, dodici giorni e otto ore sono chiuso nel carcere di massima sicurezza di Angola, in Louisiana, per l'omicidio di mia moglie. Sono stato praticamente colto in flagrante, con l'arma del delitto vicino ai miei piedi e gli occhi puntati nei suoi. Sono stato catturato, processato e imprigionato. Tutto sembrerebbe equo e giustissimo, se non fosse che sono innocente. Fra qualche mese il mio avvocato ricorrerà in appello, non vuole farmi testimoniare, ma mi ha consigliato di scrivere un diario in cui raccontare la mia storia, per farla conoscere a tutti ed eventualmente utilizzarla come indizio di fronte ai giurati. Mi ha detto che magari, scrivendo per filo e per segno i fatti come li ricordo, potrei aiutare la memoria a ricostruire gli ultimi attimi di vita di mia moglie, e se lo ritenesse opportuno, potremmo anche usare il diario in tribunale. Le prove a mia discolpa non esistono, però esiste la verità e io ormai non ho più niente da perdere. Di tempo per scrivere ne ho tanto, e probabilmente con un po' di impegno troverò anche il modo e il coraggio di raccontare la mia innocenza... perché avrei preferito morire io stesso piuttosto che uccidere mia moglie; perché se la giustizia ha una pecca, quella pecca sono io.Mi chiamo John Doyle, ho quarantadue anni, e da nove mesi, dodici giorni e otto ore sono chiuso nel carcere di massima sicurezza di Angola, in Louisiana, per l'omicidio di mia moglie. Sono stato praticamente colto in flagrante, con l'arma del delitto vicino ai miei piedi e gli occhi puntati nei suoi. Sono stato catturato, processato e imprigionato. Tutto sembrerebbe equo e giustissimo, se non fosse che sono innocente. Fra qualche mese il mio avvocato ricorrerà in appello, non vuole farmi testimoniare, ma mi ha consigliato di scrivere un diario in cui raccontare la mia storia, per farla conoscere a tutti ed eventualmente utilizzarla come indizio di fronte ai giurati. Mi ha detto che magari, scrivendo per filo e per segno i fatti come li ricordo, potrei aiutare la memoria a ricostruire gli ultimi attimi di vita di mia moglie, e se lo ritenesse opportuno, potremmo anche usare il diario in tribunale. Le prove a mia discolpa non esistono, però esiste la verità e io ormai non ho più niente da perdere. Di tempo per scrivere ne ho tanto, e probabilmente con un po' di impegno troverò anche il modo e il coraggio di raccontare la mia innocenza... perché avrei preferito morire io stesso piuttosto che uccidere mia moglie; perché se la giustizia ha una pecca, quella pecca sono io

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