Faccia a Faccia con Paolo Mugnai

14.11.2023

1. Come hai iniziato a scrivere e cosa ti ha spinto a farlo?

Ho iniziato da adolescente. Da ragazzino timido mi rifugiavo nella scrittura. Era il mio modo di esprimermi e trovare me stesso.

2. Che tipo di scrittore sei? Organizzi il lavoro prima di metterti a scrivere o segui l'ispirazione? Parlaci di come procedi durante la stesura di un romanzo.

Un po' tutti e due. Nel caso specifico di un giallo mi aiuta naturalmente avere ben chiaro chi sia l'assassino e come si sia svolto l'omicidio fin dall'inizio in modo da disseminare gli indizi lungo tutto l'arco del libro. Durante la scrittura, però, mi piace lasciarmi andare quindi alcune cose possono variare nella stesura.

3. Hai realizzato i tuoi sogni da bambino? Era già in programma di diventare uno scrittore o non ci avevi mai pensato da piccolo? Riesci a scrivere a tempo pieno o devi dividerti con altre attività remunerate?

Ho un lavoro che mi permette di riscuotere il 27 di ogni mese e non dovermi quindi preoccupare per la mia famiglia (ho moglie, tre figli e un cane). Ho sempre pensato di scrivere, fin da ragazzo. Cerco di ritagliarmi quotidianamente almeno un'oretta per scrivere.

4. Esiste un personaggio di un romanzo che avresti voluto creare tu? Quale?

Il principe Myskin de L'idiota di Dostoevskij.

5. Nei tuoi romanzi ci sono messaggi che vuoi trasmettere al lettore? Se sì, quali? Ci sono argomenti che non tratteresti mai nei tuoi romanzi? Quali e perché?

Mi è molto caro il tema dell'adolescenza, la vulnerabilità e l'entusiasmo tipici di quell'età. Non tratterei l'argomento della sessualità in modo troppo esplicito perché vorrei che i miei libri li potessero leggere tutti, anche i bambini.

6. Quali sono le fasi e i passaggi che affronti quando finisci di scrivere un romanzo? E come procedi per arrivare alla pubblicazione? Come reagisci o hai reagito a un eventuale rifiuto da parte di una Casa Editrice a cui avevi mandato il tuo manoscritto?

Lascio decantare il romanzo per qualche mese, poi lo riprendo per la revisione. Per il primo e ultimo romanzo che finora ho scritto, ho contattato via email varie case editrici ovviamente non a pagamento. In tre mi hanno risposto e ho firmato il contratto editoriale con quella che mi ha convinto di più per il metodo di lavorazione. Rifiuti ne ho avuti tantissimi, non c'è problema: busso ad altre porte.

7. Tre curiosità su di te come scrittore. Raccontaci

  • 1. Scrivo ascoltando musica
  • 2. Alla prima stesura entro in una sorta di trance
  • 3. Durante la revisione a volte mi soffermo a lungo su una parola o una virgola

Le domande dei lettori

1. Ho letto e mi complimento, per come ha reso credibilmente la sensazione di inutilità che piomba addosso a qualche persona, per lo più uomini, quando vanno in pensione. Come ci è riuscito, visto che lei è giovane?

La ringrazio tanto delle sue parole. Io ho superato di qualche anno i cinquanta e ho pensato anche a un mio caro in là con gli anni che non sta bene.


Trama:

1985. Cosimo Conte è un ispettore di polizia oramai in pensione. Partito da Firenze è costretto a interrompere il suo viaggio verso la Consuma a causa di un'abbondante nevicata. Trova alloggio in una locanda apparentemente molto tranquilla, che si anima con l'arrivo di altri avventori. Valori (la scrittrice), Sonagli (l'editore), Elefanti (l'attore), Jang (il cuoco), Talluri (il medico), i quali insieme a Conte, ai coniugi proprietari della struttura, al loro figlio e all'unica dipendente, formano un gruppo alquanto eterogeneo. La quiete verrà interrotta prima da piccoli alterchi tra loro e poi da un omicidio. Whodunit, Conte?


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Prologo
Con l'aria di un vecchio consapevole di essere ormai solo un vecchio, Cosimo Conte entrò nella locanda La beauté.
Nell'ultimo periodo aveva lasciato che gli sguardi e le parole del mondo affliggessero le sue membra e il suo spirito tanto da convincersi che per lui il tempo fosse un orologio implacabile nel conto alla rovescia verso l'estrema scadenza, una clessidra senza più capovolgimenti.
Da quando era andato in pensione, dopo quarant'anni di onorato servizio nella Polizia, aveva provato a tenere il corpo e la testa occupati, tra lunghe passeggiate e cruciverba infiniti. Fin dall'inizio aveva cercato di vedere la sua nuova vita come un'opportunità, una riscoperta, ma non era facile perché le gambe e il cuore e la testa piano piano cedevano agli anni. Ora ne aveva settanta, ci era arrivato con la finta noncuranza di chi non ci vuole pensare, ma un episodio accaduto tre mesi prima lo aveva avvilito e quando si guardava allo specchio la mattina ormai, quasi, non si riconosceva più.
Suonò il campanello, tenendo la mano libera sul costato sinistro.
La porta della locanda si aprì.


Con l'aria di un vecchio consapevole di essere ormai solo un vecchio, Cosimo Conte entrò nella locanda La beauté. Nell'ultimo periodo aveva lasciato che gli sguardi e le parole del mondo affliggessero le sue membra e il suo spirito tanto da convincersi che per lui il tempo fosse un orologio implacabile nel conto alla rovescia verso l'estrema scadenza, una clessidra senza più capovolgimenti. Da quando era andato in pensione, dopo quarant'anni di onorato servizio nella Polizia, aveva provato a tenere il corpo e la testa occupati, tra lunghe passeggiate e cruciverba infiniti. Fin dall'inizio aveva cercato di vedere la sua nuova vita come un'opportunità, una riscoperta, ma non era facile perché le gambe e il cuore e la testa piano piano cedevano agli anni. Ora ne aveva settanta, ci era arrivato con la finta noncuranza di chi non ci vuole pensare, ma un episodio accaduto tre mesi prima lo aveva avvilito e quando si guardava allo specchio la mattina ormai, quasi, non si riconosceva più. Suonò il campanello, tenendo la mano libera sul costato sinistro. La porta della locanda si aprì.


Conte si trovò per un attimo travolto da un vortice di pensieri. Perché glielo chiedeva? Perché avrebbe dovuto raccontargli di come non aveva saputo difendere una ragazza a cui tre bulletti di quartiere avevano preso la borsetta? Tre palestrati, niente di più. Una volta non si sarebbero permessi. Rovistavano nella sua roba. La schernivano. L'avevano messa in mezzo. Lui era lì solo per un caffè. Il barista faceva finta di non sentire allora si era affacciato. "Che vuoi, vecchio?" gli aveva intimato il biondo rasato. Lui ci aveva provato. A tranquillizzare la ragazza, a parlare con quei tipi. Uno gli aveva sferrato un calcio nel costato sinistro. Aveva sentito crack mentre si piegava. Il biondo rideva, anzi ridevano tutti di quel vecchio inginocchiato. Poi, all'improvviso, se l'erano filata. Arrivava gente. Non aveva saputo difendere quella ragazza. E ora gli chiedevano di nuovo aiuto. Un'altra ragazza. A lui. A un vecchio.
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