Faccia a faccia con Pier Bruno Cosso

31.10.2023
  • Come hai iniziato a scrivere e cosa ti ha spinto a farlo?

Rispetto molto la tua domanda, ma non definirei "spinta" quella che porta a scrivere. La spinta è un qualcosa di esterno, non di estraneo, ma esterno. Mentre credo che la scrittura abbia la sua forza propulsiva dall'interno. Penso a una locomotiva a vapore, con il suo fuoco tenuto vivo dentro la caldaia che fa muovere le ruote. Allora ti dico che scrivo per dissipare energia, perché se non pesto sulla tastiera a mettere in fila le parole con i pensieri... mi manca qualcosa.

  • Prima di essere uno scrittore, sei un lettore appassionato? Qual è stato il tuo primo libro? Qual è il tuo autore preferito? Qual è il tuo genere preferito?

Confesso che ho iniziato tardi a leggere i libri, ma in compenso sono diventato subito un lettore accanito. Incuriosito dalla, secondo me accattivante, storia de Il fu Mattia Pascal, rimasi folgorato da Pirandello. Appena recuperavo mille e duecento lire correvo in libreria a comprami un libro dell'autore siciliano, scegliendolo tra le edizioni "economiche" degli Oscar Mondadori (fatto che denuncia la mia anagrafe). Pirandello dopo tanti anni è ancora il mio autore preferito, se ne sono aggiunti altri, anche tanti, ma continuo ad amare la lettura cerebrale, ricca di spessore, che ti sorprende anche nel giro delle metafore.

  • Hai realizzato i tuoi sogni da bambino? Era già in programma di diventare uno scrittore o non ci avevi mai pensato da piccolo? Riesci a scrivere a tempo pieno o devi dividerti con altre attività remunerate?

Mai da bambino avrei pensato diventare scrittore. E neppure da ragazzo già maturo avrei mai pensato che nella vetrina di quella libreria dove correvo a comprare Pirandello, un giorno, ci sarebbero stati esposti i miei libri. L'ho sognato da adulto, da molto adulto, e più che un sogno è diventata una scommessa con me stesso. Riesco a scrivere a tempo pieno, anche dieci o dodici ore al giorno nel periodo di sola scrittura, ma perché sono in pensione. Campare con la scrittura? Ma non scherziamo! Forse in Italia ci possono essere dieci autori che possono vivere di libri, su un milione e mezzo di autori... È più facile vincere al Superenalotto.

  • Che tipo di scrittore sei? Organizzi il lavoro prima di metterti a scrivere o segui l'ispirazione? Parlaci di come procedi durante la stesura di un romanzo.

Prendevo la penna con i quattro colori e riempivo i fogli A4 con scalette di struttura e di capitoli. Prendevo... Perché con l'ultimo, Il volo del cormorano, ho tenuto a mente il punto d'arrivo e via viaggiare. Ma in viaggio poi seguivo solo il vento del mio divertirmi a scrivere; tanto che ho cambiato più volte rotta e persino porto di attracco.

  • A quale dei tuoi personaggi sei più legato e perché?

Sono legatissimo a tutti i miei personaggi femminili. Ne sono follemente innamorato e, raramente, ricambiato. Adoro la loro carica di carisma e di mistero. Quello stare almeno un passo sempre avanti all'uomo. Con Il volo del cormorano, l'ultimo, appunto, i personaggi femminili sono due: Karen e Isola. Mi son lasciato prendere per il naso da loro, travolgere e palpitare. Le ho amate, ma non contemporaneamente, perché sono donne e non si può mai pensare di tradirle.

  • Esiste un personaggio di un romanzo che avresti voluto creare tu? Quale?

Il tenete Colombo! Anche se è uscito dalle pagine di carta per diventare alta televisione (quella da vedere e rivedere) è lui il mio mito assoluto. E forse mi ha anche contaminato perché i miei personaggi sono sempre degli antieroi un po' scombinati. Furbi che si nascono bene nell'ingenuità. Oppure se devo restare solo tra le pagine dei libri, mi affascina, mi prende e mi incanta Rosario Chiarchiaro! Il protagonista sfortunato nel La patente di Pirandello. Meraviglia, sorpresa, ironia, incanto. L'autore, quanto mai geniale, gli ha dato tutte queste connotazioni insieme. Meraviglia letteraria.

  • Tre curiosità su di te come scrittore. Raccontaci

UNO: non prendermi mai troppo sul serio come scrittore, perché poi si soffre troppo. E infatti non ci riesco... DUE: scrivere per un solo lettore, ma molto, molto esigente: me stesso. TRE: provare un forte entusiasmo per tutto; ma poi, si dice, arriva sempre una delusione altrettanto forte! Eh, va bé, pazienza... 

Trama:

Prendi i soldi e scappa, il titolo di un grande film di Woody Allen, sembra ispirare Stefano, il protagonista di questo romanzo, che, dopo un misterioso accredito di diciotto milioni, sogna una nuova vita da ricco, ma si ritrova catapultato tra delitti, spari, e ragazze belle e incantatrici – dalla danese Karen alla sarda Isola – che forse lo vogliono solo imbrogliare. Da cassiere frustrato di una piccola banca si deve reinventare eroe per sfuggire alla mafia russa, alla polizia, e a un assassino che lo insegue fino alla fine. La storia parte da una bellissima spiaggia della Sardegna dove Stefano s'incanta davanti a un cormorano che lo sfiora in volo. Da lì l'idea di mollare lavoro e compagna infedele per un lungo viaggio senza meta. Con solo l'idea di fuggire. Ma lo scossone più grosso, appena prima della partenza, glielo dà il suo conto corrente improvvisamente cresciuto di più di diciotto milioni di euro, così, come un mistero senza tracce. Da Cagliari a Bergamo, da Copenaghen a Salerno tra colpi di scena, effetti a sorpresa e fughe rocambolesche e senza sosta, finché tutto trova una sua spiegazione, che ha a che fare con il perverso mondo dei social e della sua potente influenza sull'opinione pubblica e la politica.

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Estratto:

Il mare lo sa chi sono io. Lui lo sa che stamattina potrei naufragare. Lui lo vede che mi sento il cuore stretto dentro una scatola che lo comprime e quasi non lo lascia pulsare. Ma io in lei ci credevo.
L'acqua oggi è verde smeraldo, così limpida che lo sguardo ci può saltare dentro fino a toccarne il fondo. Forse questo immenso liquido, da qui all'infinito, intimorisce un po'. Ci entro in punta di piedi: contatto fresco, improvviso, totale, con una brezza tutta sua che scaccia il caldo ancora rovente della spiaggia. Questa era la sua preferita, quella di Ezzi Mannu, a quaranta chilometri da Sassari. Era, perché poi non ci voleva più venire. O forse si era già stufata: «È finita. Ti lascio; ti rispetto troppo per continuare...».
Mi fermo che l'acqua arriva alle ginocchia, e giro la testa indietro verso l'orizzonte: una sottile striscia bianca di costa sabbiosa sembra una frattura tra mare e cielo. Cielo che oggi si sfonda di azzurro estasiato, e riverbera sciabolate di luce accecante. Sole e desolazione, perché settembre è abbandono.
Paesaggio postatomico placato solitudine. Tutto fermo, disabitato, ho la sensazione di essere il primo uomo, o forse il privilegio di essere l'ultimo.
«Non son più innamorata di te: apprezza che te lo sto dicendo subito», Cinzia ha sempre parlato schietto, un ciuffo di capelli scomposto, uno solo, per lo scatto stizzito della testa, e parole a mitraglia, «preferisco dirlo apertamente senza tirarla per le lunghe con l'ipocrisia!». Sincerità a mano armata.
Faccio altri due passi con le gambe affondate nel verde chiaro. Sensazione di leggerezza, ma con sempre qualcosa che mi manca. Domani sarà meglio, me lo racconta il mare. Lui sa dialogare con l'intimità profonda delle persone, ha visto passare millenni. È lì, trasparente, e ti scruta sornione. Ti accoglie come se non gli importasse, e se vuoi ti lascia tranquillamente naufragare.
«Stefano, mi spiace, porto via tutte le mie cose.» Mi aveva detto Cinzia martedì sera sulla porta, quando ormai aveva già sgomberato. Piroetta sui tacchi bassi, calzoncini corti, gambe lunghe, lingua lunga, e se n'era andata girandosi una volta sola per guardare me che restavo indietro: «Non mi cercare: parto, vado lontano per trovare me stessa». Ma io avevo già smesso di ascoltarla, perché mi sembrava impossibile che un martedì sera se ne andasse e parlasse come in un film. Assurdo e odioso: la mia storia finiva con mezze frasi da pellicola dozzinale.
Mare amore, mare bugiardo, mare turchese, ancora freddo. Contatto gelido che dura qualche minuto sulla pelle e poi ti abitui e non fa più male. Mentre il tormento no. E son passati due giorni.
Da lontano vedo arrivare un cormorano. Distende le grandi ali per volare velocissimo un palmo sopra il pelo dell'acqua. Viene dritto verso di me. Fa quasi paura, per un secondo temo un'aggressione. Non faccio in tempo a pensarlo che è già qui, e mi passa davanti con la sua possanza in un silenzio profondo. Scorre in un attimo, ma lo inquadro come al rallentatore. È grande: la sua apertura alare è più ampia delle mie braccia spalancate. Che spettacolo, se non fossi stato bloccato dalla paura avrei potuto toccarlo allungando una mano. Una riga perfetta, sospesa per aria, dal becco arancione alla coda nera, slanciato, silenzioso, maestoso. Poi vira subito a sinistra a fiutare il mare e il vento. I suoi soli padroni. Si allontana lasciandomi dentro un battito zoppo del mio cuore inscatolato. Va, più lontano, sempre più piccolo, si dissolve all'orizzonte.
Pochissimi secondi, e mi rimane solo la sua scia di emozioni. È sparito, ed io fermo. Lui vento e mare, mentre io solo la cenere di una storia finita dopo tanti anni. E adesso?
Mi arriva dritto un pensiero: spargo la cenere sull'acqua e volo libero anch'io. Lo decido in questo preciso istante, guardando dove prima c'era lui con le ali spiegate. Cambio vita, a partire da ora. Scappo, mollo tutto, l'ho sempre sognato, e oggi lo faccio.

Trama:

Un giudice prende di mira un medico professionalmente serio e corretto, e fa saltare per aria tutta la sua vita. Sembra incredibile, ma quella raccontata da Cosso è una storia vera, che segue in presa diretta la discesa di una persona onesta in un inferno giudiziario. Di fronte ci sono due mondi che si scontrano: un magistrato in delirio di onnipotenza, e la sua vittima occasionale. Ma il prezzo altissimo dell'ingiustizia lo paga solo il perseguitato incolpevole, perché il giudice in Italia non è perseguibile per il suo cattivo operato. La vicenda, ambientata in Sardegna nel periodo attuale, inizia col protagonista che viene buttato giù dal letto all'alba di un sabato mattina e subisce una lunga perquisizione, senza spiegazioni e senza rispetto. Privato della libertà, del lavoro, dello stipendio, e infine degli affetti familiari, il medico, aiutato da un'amica giornalista, si lancia in un'indagine serrata per comprendere l'origine delle accuse infondate di cui è fatto oggetto. In questo romanzo, se le vicende giudiziarie sono ispirate alla realtà, i risvolti umani, gli amori e le passioni sono di pura invenzione, così come i nomi e i luoghi, che sono di fantasia e non possono essere attinenti alle persone reali, se non per pura casualità. Cosso ha saputo costruire con abilità una storia drammatica, scavando nel profondo dell'animo umano. Più che una critica serrata alle nostre strutture giudiziarie, la vicenda narrata vuol lanciare un grido d'allarme verso un sistema senza difese immunitarie. 

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Estratto:

Certe mattine non ce la fai a uscire da un sonno agitato. Certe mattine ti rendi conto, magari sognando, che il tuo viaggio non ti ha portato proprio dove credevi. Certe mattine l'inquietudine ti parla a voce bassissima. La senti meglio dormendo, e ti bisbiglia di non arrenderti se tutta la tua vita dovesse andare di sghembo in una sola giornata.
.../...
Nella stanza sbarca un po' di luce che promette un cielo terso; ma è un sabato che ancora non capisco.Dalla strada un rumore di motori al massimo e un vociare confuso. Stranissimo: nella nostra via, così presto, non passa mai nessuno.Gavina si sveglia un secondo alla volta in rapida progressione. Spettinata la trovo bellissima, e dopo riderò di lei, perché in fondo è sabato.Qualcuno, sembra sotto la nostra finestra, parla a voce troppo alta, più forte dei motori che non tacciono.Non si può, all'alba, di fine settimana.Forse un maleducato si attacca al nostro campanello e lo tiene premuto in una accecante nota perpetua che ferisce i timpani e dilaga fobie.«Ma chi cavolo! Gavì, vai tu per favore, sarà qualche mio paziente per una visita domiciliare. Dagli il telefono dei colleghi di turno oggi. Io non ci sono. Sto facendo un'urgenza fuori. Anzi, sono a pesca, in alto mare, e torno dopo Pasqua.», le sorrido incantato dalle sue gambe nude che si allontanano spegnendosi dietro una vestaglia grigia. Un brivido caldo non decolla per condizioni avverse.Le voci alte adesso sono dentro casa, e io non faccio in tempo a chiedermi cosa stia succedendo, che arriva in camera Gavina scortata da tre carabinieri in divisa, con la faccia scura e il mitra appeso al collo. Sembrano gatti neri arrabbiati che circondano una preda troppo facile.Tremo per lei. Sconcerto, ansia tagliente. Il tempo di schizzare in piedi fuori del letto mentre mi chiedo che immane disgrazia possa portare un'invasione armata nella nostra camera.Il comandante del plotoncino di gatti minacciosi, l'unico senza mitra e giubbotto antiproiettile, marcia sui cingoli contro di me: «Dottore Campanedda Enrico, è lei?», mi chiude dentro una domanda che sembra un agguato ben riuscito.Il costrutto della frase stride, aggiungendo irritazione al fastidio. Ma non è questo, e penso solo a rimandare la risposta per prendere tempo. Ho bisogno di capre, ho bisogno di schierare una risposta armata; ma non mi arrendo. Armato anch'io: tutto sotto controllo.«Allora, ripeto, dottore Campanedda Enrico, è lei?», il gatto nero che è dentro di lui soffia minaccioso.Un brivido nella schiena mi fa vacillare: «Certo», pausa, «sono io», pausa lunga, «perché?».Si avvicina lento nella mia area tattile. Troppo vicino. Il suo alito puzza di caffè e Sambuca. O forse Sambuca con caffè, all'alba di una brutta mattina, di un brutto presagio. Per la prima volta ho un forte senso di paura.Mi mostra un foglio protocollo gualcito, battuto a macchina senza rispettare le righe, firmato e timbrato in ogni pagina. Me lo schiera davanti tenendolo ben stretto: è la sua pietra filosofale. La può far vedere, ma non far toccare, è quella che gli darà oro, è quella che gli dà potere.«Ecco il mandato regolarmente firmato dal giudice, dobbiamo perquisire tutta la casa e il suo ambulatorio. E si prepari che dopo la dobbiamo condurre con noi in caserma per essere interrogato. Le conviene collaborare...».La frase "le conviene collaborare..." precipita fragorosamente sul pavimento come se fosse un grosso lampadario di cristallo caduto all'improvviso. Rumore di vetri rotti e silenzio. Sembra un consiglio non richiesto, un consiglio contro. In questa situazione mi irrita; ma prima di riuscire a capirlo arriva Rosa, tredici anni di incanti e occhi verdi che cercano il loro mondo. Irrompe di corsa, con addosso solo la biancheria intima e una copertina rossa a quadri che non riesce a ripararla dal freddo e dagli sguardi. Piange, ma resto intenerito dai suoi piedi, per me ancora i suoi piedini, scalzi con lo smalto nero, che pestano veloci sul pavimento.


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